L’ufficiale e la spia di Roman Polanski

Ciao a tutti.

Era tantissimo tempo che non vi parlavo di un film e quindi oggi vi propongo: L’ufficiale e la spia di Roman Polanski.

Scheda:

TRAMA: L’UFFICIALE E LA SPIA

L’Ufficiale e la Spia, il film diretto da Roman Polanski, racconta la storia del Capitano francese Alfred Dreyfus, giovane militare di origine ebrea, accusato ingiustamente di alto tradimento e come spia dei tedeschi. Siamo nel 1895, precisamente in gennaio, e nel cortile dell’École Militaire di Parigi l’ufficiale dell’esercito francese, Georges Picquart, assiste alla condanna all’esilio del giovane uomo definito “informatore del nemico”. Dreyfus viene spedito nella remota Isola del Diavolo, al largo della costa della Guyana francese. Completamente solo e tormentato, il capitano trascorre il suo tempo a disperarsi e a scrivere alla moglie, rimasta in Francia.


Dopo l’arresto di Alfred Dreyfus, Picquart viene promosso e messo a capo dell’unità di controspionaggio militare. Durante la carica si rende conto che, nonostante Dreyfus sia stato esiliato, le informazioni segrete francesi giungono ugualmente alle orecchie tedesche. L’ufficiale si convince che il suo collega è stato accusato ingiustamente e che la spia è ancora tra loro.

Desideroso di giustizia e di verità, Picquart inizia a indagare per anni, scontrandosi con il suo stesso Paese e con il rischio di compromettere la sua stessa carica militare; mentre il capitano esiliato vive umiliato in prigionia e sottoposto a processi farsa che non mutano la sua situazione.
Il caso Dreyfus è uno dei più grandi scandali giudiziari del XX secolo, che ha diviso la Francia per più di dieci anni tra chi lo riteneva colpevole e chi lo reputava innocente. Lo scrittore Émile Zola prese le difese del giovane capitano ebreo nell’articolo J’accuse, apparso su L’Aurore, dove accusava la Terza Repubblica francese di antisemitismo.

Questo film del maestro del cinema come Roman Polanski racconta la vera storia di un evento che sconvolse la Francia della Belle Epoque, al volgere del XIX secolo, quando nel 1894 un capitano dell’esercito francese, l’ebreo alsaziano Alfred Dreyfus, fu ingiustamente accusato di tradimento e di atti di spionaggio a favore della grande nemica della Francia, la Germania, e condannato.

Dreyfus, però, era innocente, vittima di una coincidenza di fattori che spaziavano da un antisemitismo dilagante, dalla tensione tra i due paesi europei all’indomani della Guerra franco-prussiana e della perdita dell’Alsazia. Solo che per dimostrare la sua innocenza ci vollero anni e anni, e la polemica che imperversava tra dreyfusard e antidreyfusard (ovvero tra i sostenitori, rispettivamente, dell’innocenza e della colpevolezza dell’uomo) ebbe notevolissime conseguenze sulla politica, la società, e la mentalità stessa della Francia dell’epoca e degli anni che seguirono.

Il titolo italiano del film, L’ufficiale e la spia, riprende quello del romanzo storico di Robert Harris da cui Polanski – che già aveva collaborato con lo scrittore inglese ai tempi di L’uomo nell’ombra, adattamento di “The Ghostwriter” – ha tratto il film. Parlando di libri, da citare è anche un altro romanzo storico che, pur trattando di questioni più ampie, tocca anche la vicenda di Dreyfus: “Il cimitero di Praga” di Umberto Eco.

Il titolo originale, invece, è J’accuse: che fu anche il titolo di un famosissimo pamphlet firmato dallo scrittore Émile Zola e pubblicato il 13 gennaio 1898 dal giornale socialista L’Aurore. Si trattava di un infuocato editoriale sotto forma di di lettera aperta al presidente della Repubblica francese Félix Faure, nel quale si voleva denunciare pubblicamente la persecuzione subita da Dreyfus, nonché le irregolarità e gli insabbiamenti avvenuti nel corso della lunga e complessa vicenda processuale successiva alla sua condanna.

Opinione Personale:

Polanski, attraverso una sceneggiatura che ricalca i fatti così fedelmente da sembrare quasi un documentario, e una regia scevra di inutili virtuosismi coadiuvata da una fotografia davvero ben curata, crea una pellicola che si allontana dalle ricostruzioni storiche hollywoodiane, e realizza un’opera che si concentra sui fatti, quegli stessi fatti così importanti sulla soluzione finale dell’affare Dreyfus.

“L’ufficiale e la spia” sembra dividersi in due parti, nella prima ci si concentra maggiormente sulle indagini, nella seconda invece assistiamo a tutte le vicende processuali. In entrambe Polanski sembra voler far provare allo spettatore quella fatica che si sente nel combattere un potere forte e strutturato, che può avere come avversario solo quello dell’opinione pubblica, della stampa. Una stampa, in questo caso rappresentata dalle parole di Zola, che sceglie di prendersi il coraggio di parlare a costo di pagare in prima persona, ma che conosce le sue possibilità di poter far crollare una struttura politica e militare che avrebbe continuato con le menzogne pur di non ammettere i propri fallimenti.

Jean Dujardin, nel ruolo di Picquart, si carica il film sulle spalle e mette a segno un’altra prova attoriale straordinaria, e come dice lo stesso Polanski “Jean non ha vinto un Oscar per niente”. Anche l’irriconoscibile Louis Garrel porta sullo schermo un Alfred Dreyfus forte e non incline a piegarsi nonostante la difficoltà di dimostrare la sua innocenza.

Ognuno di noi può avere la sua idea su Polanski, ma se siamo in grado di separare l’uomo dall’artista, non si può fare a meno di ammirare chi, dietro la macchina da presa, ha dimostrato e dimostra ancora di essere uno dei maestri della Settima Arte.

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